Studio realizzato col contributo di Ente CR Firenze. Vaccinazione possibile in donne trattate per patologie HPV correlate (papilloma virus)
Pubblicato il 10 Giugno 2016
E’ possibile sottoporre a vaccinazione circa l’80% delle donne trattate per patologia HPV correlate (papilloma virus). E’ uno dei primi risultati di uno screening condotto dal Dipartimento materno infantile di Careggi grazie al contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e alla collaborazione della Fondazione Foemina.
Dal dicembre del 2014, presso il servizio di Colposcopia e Laser Terapia di Careggi, sono state sottoposte gratuitamente a vaccino quadrivalente un centinaio di pazienti dai 17 ai 45 anni con pregressa patologia genitale. Allo studio partecipano il Professor Emerito Gianfranco Scarselli, referente del progetto; il professor Massimiliano Fambrini, Professore Associato dell’ Università di Firenze, la Dottoressa Annalisa Pieralli, Dirigente medico dell’ AOUC e la Dottoressa Cecilia Bussani, biologa. I risultati dei test sono davvero molto incoraggianti anche sul piano della spesa sanitaria e sono stati presentati stamani alla stampa dal Vice Presidente Ente Cassa di Risparmio di Firenze Pierluigi Rossi Ferrini, dal Prorettore alla ricerca scientifica nazionale e internazionale dell’Università di Firenze Marco Bindi, il Direttore Generale AOUC Monica Calamai, dal Presidente della Fondazione Foemina Gianfranco Scarselli.
Nei paesi dove esiste un programma di prevenzione del tumore della cervice uterina, ha spiegato il professor Scarselli, la prevalenza è di circa 10 casi su 100.000/anno, mentre dove non esiste la prevenzione la prevalenza è di circa 25 casi su 100.000/anno. La causa principale di questo tumore è l’ infezione da Human Papilloma Virus (HPV), un agente infettivo trasmissibile prevalentemente per via sessuale ampiamente diffuso nella popolazione femminile sessualmente attiva. Sono conosciuti oltre 100 tipi di HPV e molti di questi sono responsabili della condilomatosi genitale, una patologia benigna che può interessare entrambi i sessi, mentre altri sono implicati nella patogenesi dei tumori maligni della sfera sessuale, più frequentemente a carico della cervice uterina. E’ stato dimostrato che oltre il 99% dei tumori invasivi del collo dell’utero è associato ad infezione da HPV ad alto rischio. Fortunatamente, la maggior parte delle donne che viene in contatto con questi virus guarisce spontaneamente nell’arco di un anno senza conseguenze. Solamente le “infezioni persistenti”, ovvero quelle che si protraggono per oltre un anno, sono in grado di innescare i meccanismi molecolari che possono portare al tumore della cervice uterina. La progressione da infezione virale persistente a tumore invasivo avviene lentamente nel tempo, passando attraverso lesioni cervicali intraepiteliali (CIN) che, pur avendo le caratteristiche cellulari del tumore, sono confinate all’epitelio e quindi non hanno la possibilità di dare metastasi.
L’identificazione di queste lesioni intraepiteliali è l’obiettivo di tutti i programmi di prevenzione secondaria che vengono effettuati mediante il pap-test o l’HPV-test periodico in tutta la popolazione femminile di età compresa fra i 24 e i 65 anni. Il trattamento del tumore invasivo può essere chirurgico o integrato con radioterapia e chemioterapia; porta alla guarigione nel 60-80% dei casi confinati alla cervice uterina ma ha, come conseguenza principale, la perdita definitiva della capacità riproduttiva. Poiché l’età di massima incidenza delle lesioni intraepiteliali è dai 30 ai 50 anni, la identificazione precoce delle lesioni intraepiteliali è estremamente importante al fine di eseguire interventi conservativi che rispettino l’integrità anatomica e funzionale dell’apparato genitale.
Da pochi anni sono stati introdotti nella pratica clinica due vaccini contro i due tipi di HPV implicati nello sviluppo del 70% dei casi di neoplasia cervicale (HPV16 e HPV18). Uno di questi previene anche lo sviluppo del 90% dei condilomi genitali (legati ad HPV6 e HPV11). Tali vaccini sono attualmente approvati per soggetti di sesso femminile non ancora venuti in contatto con il virus (non sessualmente attivi) e fanno parte delle vaccinazioni offerte dal SSN alle bambine nel dodicesimo anno di età. Probabilmente in uno scenario futuro dove la maggior parte delle donne adulte sarà stata vaccinata in età pediatrica, la circolazione dei tipi di HPV implicati nel vaccino si ridurrà drasticamente e, di conseguenza anche la prevalenza delle lesioni intraepiteliali e del tumore invasivo. Purtroppo la vaccinazione, perlomeno attraverso i vaccini attualmente in uso, non potrà sconfiggere completamente la patologia tumorale della cervice uterina poiché questi non attivi contro gli altri tipi di HPV oncogeni, che pur sono responsabili di circa il 30% dei tumori. Anche con un programma di vaccinazione a regime, quindi, sarà necessario mantenere una qualche forma di screening per identificare precocemente i tumori non prevenibili con la vaccinazione. E’ inoltre oggetto di studio una nuova generazione di vaccini diretta verso un numero maggiore di HPV ad alto rischio oncogeno in modo da prevenire un numero sempre maggiore di tumori, aspirando in futuro alla completa scomparsa di questa patologia femminile.
In base ai dati della letteratura è stato visto che lo strumento vaccinale svolge anche un ruolo preventivo nei confronti delle recidive cliniche delle sopradette patologie, mediante un meccanismo di boosting (incremento) dell’immunità anticorpale tipo-specifica, indotto dalla precedente infezione. La percentuale di ricorrenze di patologia HPV- correlata è circa il 30 -35 % per i condilomi e il 10 – 15 % per lesioni pretumorali. Pochi sono nel mondo gli studi che utilizzano il vaccino come ruolo preventivo nei confronti di recidive cliniche di tali patologie, ed ecco l’importanza di questo studio che per tale motivo sarà illustrato al Congresso Mondiale dei Ginecologia dell’Infanzia e Adolescenza che si svolgerà a Firenze a fine mese.
“Abbiamo sostenuto volentieri questo progetto – ha osservato il Vice Presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze Pierluigi Rossi Ferrini – perché interviene su una malattia che può essere contrastata solo con continu i studi di tutta la comunità scientifica. I risultati di questo progetto sono di grande interesse e confermano l’alto livello della nostra ricerca in campo oncologico. Un ringraziamento va anche alla Fondazione Foemina per la sua collaborazione ed, in particolare, per la promozione in vari licei fiorentini nel dare una corretta informazione su una infezione che costituisce una delle prime malattie sessualmente trasmesse ” .
“Studi come questo – ha dichiarato Marco Bindi, Prorettore alla ricerca nazionale e internazionale dell’Università di Firenze – rappresentano benissimo il valore aggiunto che è possibile ottenere dal lavoro congiunto delle diverse istituzioni presenti sul territorio (Fondazioni, Università e Azienda Ospedaliera) su tematiche di ricerca che hanno grosse ricadute sia sulla comunità scientifica che sulla popolazione. Il sostegno economico dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, se combinato con le capacità di ricerca e screening dell’Università e dell’AOUC e la promozione sulla popolazione della Fondazione Foemina, hanno infatti permesso di condurre studi che altrimenti sarebbe stato difficile portare avanti per la complessità e eterogeneità dei soggetti coinvolti”.
‘’E’ motivo di grande soddisfazione per l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi – ha sottolineato il Dg Calamai – la collaborazione con due importanti istituzioni che consente di tutelare al meglio la salute delle donne e costituisce un ulteriore passo avanti nella ricerca oncologica’’.
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