Un prelievo di sangue al posto della biopsia potrebbe identificare il rischio di metastasi. A Careggi un convegno sul futuro dell’oncologia
Pubblicato il 17 Maggio 2016
Un prelievo di sangue al posto della biopsia per definire il rischio di diffusione del tumore e individuare le sue eventuali mutazioni durante la terapia. E’ l’obbiettivo delle ricerche in corso nell’Azienda ospedaliero universitaria Careggi, nel Laboratorio di biochimica cliniica e molecolare diretto dal professor Mario Pazzagli. Nuove sofisticate attrezzature, acquistate con il contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, consentiranno di individuare cellule maligne e frammenti di DNA tumorale nel sangue. Se le ricerche su pazienti affetti da tumori al colon, al polmone e da melanoma, dimostreranno per la biopsia liquida la stessa attendibilità diagnostica della biopsia tradizionale (su frammenti prelevati dal tumore) la ripetizione di questi interventi potrebbe essere evitata in buona parte dei casi, riducendo il disagio per i malati e consentendo un più semplice monitoraggio della malattia. Sono questi i temi del workshop che si terrà domani nell’Ospedale fiorentino di Careggi.
Interverranno il direttore generale di Careggi Monica Calamai, il professor Pierluigi Rossi Ferrini e il dottor Giancarlo Berni, rispettivamente vicepresidente e consigliere dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, il direttore dell’Oncologia medica di Careggi Francesco Di Costanzo, il direttore dell’anatomia patologica Gian Luigi Taddei e Vincenzo De Giorgi Unità operativa Dermatologia 1 USL Toscana Centro. Con loro, tra gli altri Mario Mascalchi ed Enrico Mini dell’Università degli studi di Firenze.
”Stiamo cercando di individuare nel sangue dei malati non solo cellule tumorali che possono identificare il rischio di metastasi – afferma il professor Pazzagli – ma anche tracce di DNA libero circolante, costituito dai frammenti di DNA provenienti dalla disgregazione delle cellule, anche di quelle tumorali. Imparare a leggere questi detriti di DNA, alla deriva nel flusso sanguigno, consentirà di capire se un tumore è diventato resistente alle terapie e quando è il momento di passare a farmaci diversi. L’obiettivo è mettere a punto test diagnostici sempre più affidabili e facili da eseguire per consentire una maggior capacità di personalizzare le terapie”.
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