Le dimore storiche generano occupazione, turismo, investimenti e attività sociali

Pubblicato il 15 Gennaio 2016

Presentato stamani uno studio realizzato col contributo di Ente Cassa

Le dimore storiche generano occupazione, turismo, investimenti e attività sociali. Lo rileva uno studio commissionato alla Doilitte Finanzial Advisory dalla sezione Toscana dell’Associazione Dimore Storiche Italiane e realizzato grazie al contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, che è stato presentato stamani in un incontro nella sede dell’Ente Cassa sul tema ‘L’incidenza delle Dimore Storiche sul sistema economico fiorentino e toscano’. Sono intervenuti Bernardo Gondi, Presidente ADSI-Associazione Dimore Storiche Italiane – sezione Toscana; Pierluigi Rossi Ferrini, Vice Presidente Ente Cassa di Risparmio di Firenze; Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini, Presidente nazionale ADSI; Luciano Monti, Docente di Politica Economica Europea – Luiss Guido Carli; Claudio Tierno, Director Deloitte Financial Advisory.

Dallo studio è emerso che ogni 1000 occupati nella provincia di Firenze, 3 sono addetti ad attività connesse alla gestione e manutenzione delle Dimore Storiche, un ‘sistema’ che nella sola provincia di Firenze può essere assimilato ad una grande azienda italiana con circa 1000 dipendenti. Inoltre il sistema Dimore Storiche della provincia di Firenze ha garantito nel 2012 un gettito IMU di oltre 8 milioni di euro, pari al 4,5% circa del gettito totale della provincia; possiede una capacità di ricezione turistica pari al 6% del numero totale di strutture ricettive della provincia e il 7% del numero di camere del capoluogo toscano e ospita (per il 25%) attività pubbliche di interesse sociale, come mostre, corsi, concerti. Per contro, la proprietà delle dimore storiche, soggette in base alla Costituzione italiana ad un vincolo di tutela che obbliga il proprietario a custodire gli immobili in ottime condizioni, impone ai proprietari continui lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, eseguiti da artigiani specializzati, con costi molto superiori ai lavori sostenuti da immobili di altro tipo; limiti negli interventi realizzabili sulle strutture, quali frazionamenti o spostamenti, che impattano in maniera considerevole sul valore di mercato delle dimore stesse (immobili caratterizzati da vani molto grandi, bassa efficienza energetica, costi elevati per manutenzione, grandi difficoltà ad effettuare qualsiasi modifica non riscuotono interesse sul mercato immobiliare); rigide sanzioni penali, oltre che amministrative, nei casi di non rispetto degli obblighi legati alla manutenzione o alienazione degli immobili o di inosservanza delle regole di tutela.

Questi dati dimostrano come una realtà economica così rilevante debba essere valorizzata e supportata per poter continuare a generare un impatto positivo sul territorio, nella forma di lavoro per imprese e maestri artigiani specializzati nella manutenzione, richiamo turistico anche in centri minori e contributi fiscali diretti o indiretti. Su questo punto è stata presentata dal Professor Luciano Monti, Docente di Politica Economica Europea – Luiss Guido Carli, l’ipotesi di una riduzione dell’Imposta Unica Comunale del 30% su un valore medio di tassazione per dimora storica stimato conservativamente in 15.000 euro, condizionata ad investimenti per la valorizzazione delle dimore stesse (servizi per una migliore fruizione degli immobili, messa in rete con altre realtà del territorio, attività culturali e di promozione delle dimore, etc.). La riduzione dell’imposta genererebbe un circuito virtuoso, legato alle attività di manutenzione effettuate e all’IVA generata dalle attività che ruotano attorno alla dimora stessa, corrispondente a un possibile gettito fiscale ulteriore massimo di oltre 7 milioni di euro, parametrato sugli oltre 3.000 immobili vincolati di proprietà privata situati nella Regione Toscana (fonte: SIBEC – Sistema Informativo territoriale per i Beni Culturali e paesaggistici della Regione Toscana).

“L’obiettivo dell’analisi di impatto economico realizzata dalla nostra Associazione, con il contributo determinante della Fondazione Ente Cassa di Risparmio di Firenze – ha dichiarato Bernardo Gondi, Presidente di ADSI Toscana – è stato dimostrare che il sistema delle dimore storiche toscane è un attore fondamentale del sistema economico toscano, che porta al territorio occupazione, investimenti, turismo, attività sociali e culturali. E’ una risorsa preziosa, dunque, che i proprietari di dimore storiche sono quotidianamente impegnati a mantenere e custodire. Gli oneri e i costi che gravano sugli immobili vincolati – ha proseguito – sono tuttavia ormai insostenibili, ed è necessario intervenire con misure urgenti e dedicate a tutela di questo patrimonio, almeno nella forma di un più favorevole regime fiscale. L’intento è evitare che si passi da un circuito economico virtuoso a una spirale negativa, con un sempre più diffuso abbandono forzato degli immobili da parte di proprietari non più in grado di mantenerli, e di cui lo Stato e gli enti locali non possono farsi carico per mancanza di risorse . Saremmo così responsabili della distruzione di un patrimonio di storia, arte e bellezza unico e irripetibile, che è invece nostro dovere valorizzare nel territorio e trasmettere alle generazioni future”.

ADSI – Associazione Nazionale Dimore Storiche

Sezione Toscana

L’Associazione Dimore Storiche italiane, Ente morale riconosciuto senza fini di lucro, è l’associazione che riunisce i titolari di dimore storiche presenti in tutta Italia. Nata nel 1977, l’Associazione conta attualmente circa 5000 soci e rappresenta una componente significativa del patrimonio storico e artistico del nostro Paese. In Toscana i soci sono oltre 900. L’Associazione promuove attività di sensibilizzazione per favorire la conservazione, la valorizzazione e la gestione delle dimore storiche, affinché tali immobili, di valore storico-artistico e di interesse per la collettività, possano essere tutelati e tramandati alle generazioni future nelle condizioni migliori. Questo impegno è rivolto in tre direzioni: verso i soci stessi, proprietari dei beni; verso le Istituzioni centrali e territoriali, competenti sui diversi aspetti della conservazione; verso la pubblica opinione, interessata alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale del Paese.

marchese Gondi; prof Rossi Ferrini

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