Pubblicato il 21 Aprile 2023

Terre degli Uffizi torna a Montespertoli con la preziosa “Predella Barbadori” di Filippo Lippi

Un eccezionale prestito dalla raccolta delle Gallerie degli Uffizi per la terza tappa del programma in Valdesa. L’esposizione offre un approfondimento sul lavoro del maestro di pittura rinascimentale del quale è custodita nel Museo d’Arte Sacra di San Piero in Mercato anche un’altra opera, la Madonna col bambino 

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Terre degli Uffizi torna in Valdesa, a Montespertoli, con un prestito eccezionale dalla raccolta delle Gallerie degli Uffizi di fra’ Filippo Lippi (Firenze 1406 ca- Spoleto 1469), la cosiddetta “predella Barbadori”. La terza tappa del programma di Fondazione CR Firenze e Gallerie degli Uffizi, all’interno dei rispettivi progetti Piccoli Grandi Musei e Uffizi Diffusi, che aveva avuto come protagonisti nel 2021 la pittura dell’epoca di Giotto, rappresentata da un dipinto di Lippo di Benivieni e nel 2022 una testimonianza delle opere d’arte che trovano nel rifugio di Montegufoni durante la Seconda Guerra Mondiale. Dal 22 aprile al 29 ottobre, la mostra “Filippo Lippi in Valdesa”, al Museo d’Arte Sacra di San Piero in Mercato che già custodisce permanentemente un’altra opera del maestro di pittura rinascimentale, la Madonna col Bambino proveniente dalla chiesa di Sant’Andrea a Botinaccio.  

L’esposizione diventa un’occasione inedita per approfondire la conoscenza dell’arte di Filippo Lippi e apprezzarne il diverso registro espressivo nel contesto narrativo, come nella predella, o devozionale, come nell’immagine mariana.   

La “predella Barbadori” è il gradino della tavola d’altare che in origine arredava la cappella di patronato Barbadori nella chiesa di Santo Spirito a Firenze, opera somma per la cui esecuzione Filippo Lippi nel 1437 ricevette il lauto compenso di 40 fiorini d’oro. Le tre tavolette che la compongono, odiernamente inserite in una cornice moderna, facevano parte della pala d’altare che sormontava la cappella intitolata a San Frediano nella sacrestia della chiesa agostiniana. La pala d’altare e la cappella erano state realizzate per volontà testamentaria di Gherardo di Bartolomeo Barbadori, un ricco e pio abitante del quartiere fiorentino di San Frediano, morto nel 1429. Fu la confraternita di Orsanmichele, di cui il Gherardo Barbadori era stato membro, a portare a compimento la commissione e a realizzare il desiderio del defunto.  La tavola che sovrastava la predella, oggi nel museo del Louvre a Parigi, raffigura la Vergine col Bambino affiancata da angeli e dai santi Agostino e Frediano. Maria è raffigurata in piedi davanti ad una nicchia decorata a somiglianza di una valva di conchiglia, un motivo che Filippo Lippi adotta ripetutamente e che fa da sfondo anche alla Madonna col Bambino della collezione del museo di Montespertoli.  

Fra’ Filippo Lippi lavorava alla pala Barbadori nel 1437 e nel 1438 l’opera non era ancora stata ultimata. Per l’esecuzione della predella, fra’ Filippo si avvalse probabilmente della collaborazione della bottega, anche se è da riferire interamente al Lippi la concezione delle tre vivaci scene, unificate da uno studiato impianto luministico, con lunghe ombre scure proiettate dai corpi e dalle architetture. Nelle sobrie ambientazioni e nelle solenni figure, avvolte in voluminosi panneggi, è ravvisabile la memoria della lezione di Masaccio, rielaborata da Filippo Lippi con accenti ornati e tratti espressivi.  

Nel 1810, con la soppressione delle corporazioni religiose avvenuta sotto la dominazione napoleonica della Toscana, la pala d’altare Barbadori, con la sua predella, venne asportata dal convento di Santo Spirito e trasferita alla Galleria dell’Accademia di Firenze. Nel 1814, la tavola soprastante fu portata in Francia senza mai fare ritorno in Italia. La predella fu invece trasferita agli Uffizi nel 1919. 

“È un piacevole ritorno per ‘Terre degli Uffizi’ – dichiara il Presidente di Fondazione CR Firenze Luigi Salvadori – che già lo scorso anno ha fatto tappa in questa località per presentare una predella sottratta alle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. Un prestito eccezionale, come lo è la stessa tipologia di opera esposta questa volta, proveniente dal più importante museo italiano con cui condividiamo questo bellissimo progetto. Ancora una volta, con questi appuntamenti cerchiamo di offrire, oltre alla bellezza del luogo e delle opere esposte, l’opportunità di conoscere e forse di scoprire una realtà tra le più suggestive del nostro territorio. Montespertoli ha infatti saputo armonizzare nei secoli la sapienza del suo alto artigianato, la qualità della sua produzione vinicola e quel concentrato di ricchezza artistica conservato nel Museo di arte sacra’’. 

“La predella Barbadori – aggiunge Eike Schmidt, Direttore de Le Gallerie degli Uffizi – precede di quasi tre lustri la splendida Madonna nel Museo di Montespertoli. Abbiamo così a confronto due opere di Filippo Lippi che illustrano il culmine della sua attività e due aspetti della sua arte: quella più narrativa e attenta ai dettagli nelle storiette della predella, e quella altamente lirica della Madonna. Con questo accostamento si offre al visitatore una prelibatezza del Rinascimento in Toscana e un invito ad approfondire la conoscenza di questo straordinario artista” 

“É importante non dare per scontata l’importanza strategica di questo progetto, fortemente voluto da Gallerie degli Uffizi e dalla Fondazione CR Firenze, che permette di creare sinergie, esperienze ed ha valorizzato il nostro territorio in modo incredibile. Sono convinto che la cultura rappresenti una grande occasione di crescita economica e turistica per Montespertoli. Voglio ringraziare tutti coloro che hanno attivamente partecipato a rendere possibile questo processo.” conclude il Sindaco Alessio Mugnaini. 

L’OPERA 

Filippo Lippi (Firenze 1406 ca- Spoleto 1469) 

San Frediano devia il fiume Serchio, tempera su tavola, cm 26×57 

L’Angelo annuncia la morte alla Vergine, tempera su tavola, cm 26×91.5 

Sant’Agostino nello studio, tempera su tavola, cm 26×57 

1437-1439 ca. 

Firenze, Le Gallerie degli Uffizi, inv.1890 n.8351 

Le tre scene che compongono la predella illustrano episodi della vita della Vergine e dei santi Frediano e Agostino. A sinistra, san Frediano, vescovo della diocesi di Lucca vissuto nel VI secolo, è rappresentato mentre con un lungo rastrello traccia nel terreno un solco, nel quale si incanala il fiume Serchio. Secondo quanto racconta papa Gregorio Magno, san Frediano riuscì a deviare il fiume in un nuovo alveo, preservando la città di Lucca dalle inondazioni. Il prodigio è sottolineato dalla mimica degli uomini raccolti fuori dalle mura cittadine, che esprime incredulità e meraviglia.   

Nella scena centrale, l’Angelo genuflesso annuncia l’imminente morte a Maria porgendole una candela accesa, secondo un’iconografia piuttosto rara per il contesto italiano ma più frequentemente adottata dai pittori fiamminghi. La raffigurazione trova comunque corrispondenza nell’antico rito di recare una candela accesa per il moribondo. Testi apocrifi narrano che gli apostoli di Cristo giunsero prodigiosamente da ogni parte del mondo per l’ultimo saluto a Maria: nella scena si riconosce san Pietro, che sopraggiunge alle spalle della Vergine seguito da altri apostoli guidati da angeli, mentre a sinistra è inginocchiato l’evangelista Giovanni, col capo reclinato.  

Lo scomparto di destra raffigura una scena densa di concetti teologici. Sant’Agostino, vescovo africano vissuto fra IV e V secolo, è qui rappresentato come un monaco, vestito con una semplice tonaca e il cranio rasato (tonsura). Seduto nello studio, è ispirato dalla luminosa visione della Trinità mentre è intento a scrivere su un rotolo. Il santo ha il cuore trafitto da tre frecce, simboleggianti l’amore ardente per Cristo. La rappresentazione della Trinità sotto forma di tre teste affiancate corrisponde ad un’iconografia abbastanza diffusa nel secolo XV a Firenze. Nella dettagliata raffigurazione dello scrittoio, Filippo Lippi palesa una limpida capacità descrittiva, influenzata dalla coeva pittura fiamminga, alla quale si accostò sin dal quarto decennio del secolo XV, in una fase piuttosto precoce rispetto all’ambiente fiorentino.  

Fondazione CR Firenze